È di questi giorni il solito magnificat sui mass media dell’operato del sig. Canti che firma un accordo (già esistente dal 2011) di importanza storica e strategica con la Regione Lombardia per il conferimento dei rifiuti urbani (40.000 tonnellate), di quelli speciali (8,000 tonnellate), compresa una quota anche di quelli pericolosi (1.500 tonnellate) debitamente separati per categoria tipologica di materiale da mandare, ove possibile, al riciclo.
La domanda sorge spontanea, ma come facciamo a separare i rifiuti per tipologia senza un adeguato sistema di raccolta come era ad esempio il Porta a Porta? Con i cassonetti intelligenti? Seconda domanda: perché fare un accordo con la regione Lombardia quando il nostro referente naturale è sempre stata l’Emilia Romagna? Fino ad oggi l’accordo con la Lombardia (che c’era) era sempre stato tenuto come valvola di sicurezza nel sistema di conferimento dei rifiuti in caso di insorgenza di problemi con l’Emilia “Romagna. Un accordo con la finalità di non rimanere in mezzo al guado, senza un piano “B”, in caso di emergenza.
Accordi con altre regioni, come il Veneto e le Marche, erano già stati presi in passato, sempre per avere delle soluzioni in caso di emergenza o difficoltà con il conferimento dei rifiuti in Emilia Romagna che è sempre stato un rapporto privilegiato, sia per una questione di contiguità e quindi di minore distanza dai siti di raccolta dei rifiuti, sia per le politiche di economia circolare messe in atto dalla Regione Emilia Romagna, considerate un’avanguardia a livello nazionale italiano. Proprio per i principi alla base di queste politiche ambientaliste, una condizione essenziale per poter conferire rifiuti in regione era quello di uniformarsi agli standard adottati in Emilia Romagna, ovvero il raggiungimento 70% di materiale di riciclo entro il 2021.
Va da sé che l’obiettivo del 70% di materiale di riciclo entro l’anno corrente si è scontrato con un governo che ha azzerato la politica ambientale in Repubblica, con iniziative come il blocco del Porta a Porta, già pienamente operativo in alcuni Castelli del territorio, che avrebbe garantito la possibilità di continuare a conferire i rifiuti in Emilia Romagna e avrebbe aiutato anche l’ambiente.
Il governo ha allora scelto (?) un'altra politica di raccolta rifiuti meno rivolta all’ambiente e comunque meno sicura di raggiungere gli obiettivi concordati: è questo il motivo di questo cambio di destinazione dei rifiuti? Dover ammettere un fallimento di quanto era possibile fare è dura per tutti, soprattutto se dovuto all’incapacità del governo, e in particolare del Segretario di Stato al Territorio, di affrontare i problemi, preferendo aggirarli, sperando sempre di farla franca e di passare per colui che salva il Paese (a parole) mentre nella realtà sta demolendo pezzo per pezzo l’immagine virtuosa che faticosamente stavamo costruendo.
Questi sono evidentemente i motivi per cui si va verso la Lombardia, che non chiede comportamenti virtuosi ai propri clienti e che, è notizia di attualità, proprio in questo periodo sta affrontando uno scandalo devastante, perché le aziende che gestiscono i depuratori dei liquami provenienti dalle fogne di varie città hanno sversato i fanghi di risulta dalla depurazione su campi coltivati a mais e cereali di numerose aziende agricole, inquinando e avvelenando con sostanze micidiali migliaia di ettari di territorio lombardo. Tale scandalo è stato paragonato alla terra dei fuochi in Campania, ma forse più grave perché non c’è la camorra dietro i fatti lombardi, ma normali imprenditori in male fede.
Come si dice? “Di bene in peggio”.
Augusto Michelotti
Area Democratica
Comments